Due ragazzi nella nebbia


Il ragazzo e la ragazza camminavano lenti parlando con voce bassa. La via era deserta, ovattata dalla nebbiolina di una sera invernale. La luce dei lampioni era filtrata da questa atmosfera lattiginosa che, a malapena, rischiarava il marciapiede in lastre di luserna umide e scivolose.

La via, in acciottolato, era in salita e si addentrava nella città vecchia, tra le facciate di case con i portoni e le imposte già serrati. Qualche latrato di cane interrompeva saltuariamente il silenzio attorno. Solo il continuo parlottio della coppia.

I due erano appena usciti da una festicciola organizzata da amici, solito rituale domenicale di un pomeriggio invernale, ad ascoltare e ballare al suono di un vecchio giradischi, e lui si era offerto di accompagnare a casa la graziosa.

Si erano conosciuti in quell'occasione e una forma di simpatia reciproca era maturata tra un ballo e l'altro. Avevano così iniziato a parlare prima di banalità relative alla canzone o al cantante, poi di cose sempre più personali tanto da attirare l'attenzione degli altri componenti della compagnia che, con significativi cenni, approvavano l'intesa e incitavano il ragazzo ad essere maggiormente "ardito".

Un maggior coinvolgimento nel liscio, qualche stretta più audace nel cingere con le braccia la fanciulla, magari arrivando al guancia a guancia.

Ma il ragazzo sembrava impacciato nell'interpretare e  seguire i consigli che riceveva tramite le mute espressioni visive degli amici. La ragazza era di una naturalezza disarmante e fiduciosa, perché metterla in imbarazzo ?

La prima mossa la fece lei nel ballo successivo: gli appoggiò la guancia contro il viso e si abbandonò al languido ritmo di un valzer lento. Quasi tutto il pomeriggio lo avevano trascorso ballando e scambiando racconti sempre più personali.

La sera era calata, la festicciola volgeva al termine e la compagnia si sciolse con la promessa di rivedersi la prossima domenica.

I due ragazzi salivano lentamente la via, una piazzetta in cima alla salita e poi la strada si addolciva e le vetrine illuminate dei vari negozi rendevano l'atmosfera nebbiosa meno irreale. Superarono un bar - pasticceria dove un televisore, attorniato da avventori del locale, trasmetteva un programma musicale: una rapida occhiata e lo superarono.
Altro bar, altro televisore accesso, lo stesso programma, altri avventori che discutevano ridendo e vociando.

L'abitazione della ragazza era ormai vicina, nella grande piazza circondata da palazzi storici e, al centro, una fontana gorgogliante. Istintivamente, il passo rallentò, nessuno dei due aveva voglia d'interrompere il "filo magico" che li univa dal pomeriggio.

Il portone era chiuso, la ragazza schiacciò il pulsante del campanello seguito dallo scatto di apertura della serratura e il "filo magico" svanì.

Ormai non poteva soffermarsi oltre, in casa l'attendevano, non aveva scuse per ritardare il rientro.

Si salutarono così, con una promessa di rivedersi mentre lui le stringeva forte una mano, magari la prossima domenica o, meglio ancora lungo la settimana pur sapendo che con le "regole" della famiglia e gl'impegni scolastici, difficilmente la promessa sarebbe stata mantenuta.

La ragazza sparì nell'androne e il portone si rinchiuse. Il ragazzo s'incamminò verso casa con un senso di malinconia e con il ricordo delle guance di lei appoggiate sul suo viso.


La bruma si era infittita e la luce dei lampioni era diventata ancor più fioca. 

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