Freccia Rossa con beffa finale




Carrozza numero sei del Freccia Rossa diretto a Milano. Il convoglio, proveniente da Napoli, è in ritardo di venti minuti.

Recupererà lungo il viaggio - penso.

Salgo e cerco il numero della mia poltroncina. E' singola e accanto al finestrino sul lato sinistro rispetto alla direzione del convoglio.
Sistemo il bagaglio, una ventiquattrore nell'apposito  scomparto in alto e mi siedo.
Il leggero soffio dell'aria condizionata, che non disturba affatto, mi toglie il senso di caldo e di oppressione accumulate nell'attesa dell'orario di partenza alla stazione di Roma Termini.

Un caos indescrivibile.

Lo scompartimento è semi vuoto, un paio di posti, un poco più avanti, sono occupati da persone che mi hanno preceduto, di cui sento il bisbigliare e da questo comprendo che sono una coppia al ritorno da una visita a parenti.

Commentano.

Salgono altri passeggeri, due uomini d'affari, in giacca e cravatta,  che discutono su problemi aziendali  si accomodano poco più avanti sul lato destro del corridoio.  Si tolgono la giacca appendendola ai lati del finestrino, si allentano il nodo della cravatta e si siedono.
Vedo quello vicino al corridoio togliere da una borsa un portatile e, con gesti rapidi e sicuri, collegare il PC alla presa elettrica, di cui la poltrona è fornita, aprirlo e iniziare a digitare senza smettere di parlare con il suo compagno di viaggio.

Esperti in trasferte ferroviarie su Treni vip.

Mi distrae un gruppo famigliare, padre, madre e ragazzina, che procede nel corridoio controllando il numero dei posti con il documento di viaggio in mano. Trovano i posti assegnati e la madre si accomoda con la ragazzina mentre il padre siede sull'altro lato del corridoio. L'abbigliamento è decisamente da vacanza.
Quattro signore chiacchierano ad lata voce, entrando, poi smorzano i toni: sono sulla Freccia Rossa, oibò.

Apro il mio eBooks  e cerco un libro da leggere: "Il treno dell'ultima notte", di Diacia Maraini.

Quale miglior ispirazione.

" Amara si alza con uno sforzo. La testa le gira come una trottola. Continua a cercare a sé l'uomo che le ha parlato poco fa, la persona che si chiamava Emanuele. Ma non c'è nessuno oltre i turisti che si affollano intorno alla guida che continua a spiegare: «Quarantamila italiani deportati, trentaduemila tra politici e militari e ottomila ebrei, vivi solo tremila. Meno del dieci per cento».
Che sono italiani lo si capisce a un miglio di distanza, per il disordine, l'andatura scoordinata, la fatica che fa la guida polacca per tenerli assieme, rincorrendo continuamente un giovanotto od una anziana signora che si allontanano per fotografare, senza ascoltare quello che viene loro detto di fare».

Guardo istintivamente fuori dal finestrino, vedo le persone assiepate sul marciapiede del binario opposto. Manca la guida che si sgola per richiamare l'attenzione, ci sono  trolley al posto di valige legate con spago. Quanti di quegli ottomila ebrei saranno partiti da Roma - mi chiedo. Quanti di quei tremila scampati saranno potuti tornare a Roma?

Il leggero segnale della partenza mi distrae. Chiudo l'eBooks e guardo dal finestrino.
Il treno esce dalla stazione e inizia il suo viaggio verso il nord. Il ritardo é cresciuto a mezz'ora.

Perderò la coincidenza, a Milano ? Confido ancora nella puntualità delle Freccia Rossa.

Inizia la campagna laziale e il treno aumenta la velocità. Osservo il display in lato sul corridoio. La velocità aumenta, 200, 250, 300 chilometri l'ora.

E' la Freccia Rossa, perdio, un nome una certezza. Recupererà il ritardo.

Passa il servizio di snack e beveraggio, offerto gentilmente da Trenitalia.
Delusione, non sono le signorine sorridenti dell'andata ma due maschietti di mezza età, spicci nella domanda e sprovvisti di sorriso augurale.

Man mano ci si avvicina al nord il sole si "ammorbidisce", ma solo di colore. Penso che a Milano mi attenderà una stazione afosa. Per ora mi godo l'aria condizionata della carrozza: una goduria.

Guardo ancora l'orologio, il ritardo è diminuito ma non ancora annullato. Preoccupato guardo sui documenti di viaggio l'orario della coincidenza con il treno per Bergamo. Il pessimismo mi assale.

Qualche rallentamento a Firenze Rifredi  e poi nuovamente ad oltre 300 chilometri l'ora.
Faccio inconsciamente il tifo come assistere ad una gara automobilistica: e vai !

La pianura padana sfreccia velocemente ai lati della ferrovia. La linea ferrata costeggia l'Autostrada del Sole, gli automezzi che vi scorrono, al confronto, sembrano veicoli a "pedale".

Dai macchinista, schiaccia quel benedetto pedale e recupera. Puoi farcela, é il Freccia Rossa.

Mi accorgo che altri passeggeri sono nelle mie stesse condizioni, hanno la coincidenza per altre destinazioni al limite e corrono il rischio di perderla e rimanere in Stazione Centrale per ore ad aspettare il convoglio successivo. Controllano con insistenza il proprio orologio e scuotono il capo.

Un leggero rallentamento a Milano  Lambrate e poi il lento ed estenuante avvicinamento alla Centrale. Siamo al limite dell'orario di partenza del treno per Bergamo.

Mi affido alla "provvidenza", rinnegando i miei principi laici.

Il Freccia Rossa entra in stazione annunciando il suo arrivo trionfale con un fischio.

Mentre tutti scendiamo precipitosamente con ancora in corpo l'ultimo briciolo di speranza vedo sul binario accanto il regionale per Bergamo partire.

Delinquenti - mi viene spontaneo - potevano attendere pochi minuti !

Ma il Regionale per Bergamo "Treni Nord", snobba la "Freccia Rossa" e in barba ad ogni coincidenza prevista preferisce la sua puntualità.

Non era una delle massime di Mussolini ?

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