Non avreste
mai pensato che un bambino, prima di nascere, abbia i suoi dubbi e faccia
alcune riflessioni sul destino che lo attente?
Proviamo ad
immaginarlo poche ore prima del parto nel lontano 31 agosto del 1939.
E' al sicuro
nel ventre materno, attento ai segnali e alle voci che provengono dal
"mondo" esterno.
Ascolta i
discorsi tra il babbo e la mamma che non sono certamente rassicuranti.
Venti di guerra agitano
l'Europa e l'autarchia avvolge l'Italia.
Percepisce
le preoccupazioni materne: «Quale futuro sarà riservato a mio figlio? Riuscirò a nutrirlo, a preservarlo dai pericoli
che inevitabilmente lo attendono? Ci sarà la guerra, la devastazione, la
carestia e le malattie che ne derivano?».
Questi
pensieri sono vibrazioni che il piccolo, non ancora nato, percepisce, così come
le carezze che istintivamente la mamma regala al suo ventre.
Ma tali
percezioni inducono il nascituro a riflettere ? Così come gradisce le attenzioni
materne lo preoccupano i discorsi che flebilmente ascolta e
"rimugina" tra sé: «Ma perché devo uscire da questo nido caldo e
sicuro? Perché non poter rimanere all'infinito in questo limbo protetto dalle
nefandezze del mondo esterno?».
Un dubbio amletico:
"Essere o non essere ?".
Affrontare
il destino, i rischi, la buona e la cattiva sorte, crescere, vivere l'infanzia,
la giovinezza, l'età matura e la vecchiaia, oppure restare nell'utero materno
finché la sorte non li divida?
Ma la natura svolge il
suo ruolo.
Il nascituro
ascolta le voci concitate che provengono dall'esterno e comprende: é arrivato
il momento.
Anche lui
inizierà a svolgere il filo del suo "gomitolo" senza conoscere quando
s'interromperà. Ma la sua preoccupazione attuale é quella di come si presenterà
al "mondo".
Sarà
un'uscita tranquilla, senza traumi o lunga e perigliosa?
Sente le
contrazioni dell'utero materno che lo spingono.
«Accidenti,
vogliono proprio buttarmi fuori. - pensa- avrei preferito farlo con più calma e
dopo aver assunto le "mie" decisioni!»
Sono le sue ultime riflessioni prima di essere accolto da
mani estranee e avvolto in una calda coperta di lana bianca.
Con un sonoro e prolungato vagito esprime il suo dissenso;
nessuno l'aveva consultato.
Ma viene
subito tacitato dalla tetta materna alla quale si aggrappa. «Almeno un goccio
di latte per riprendersi dallo schok!»
E vai, la vita é tua,
ormai.
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